that I didn't know that I didn't want because late is not enough feeling and here I stop
che non sapevo che non volevo perché tardi non è abbastanza sentire e qui mi fermo
Introduction to the work
By "episode" do you mean "sacred place?" I asked him. "Exactly".
Bruce Chatwin, The Songlines
.
In recent months, absorbed by the project that I am presenting here, I have spent many nights watching TV, mostly action, spy, and war series or films, and thus a lot of noise and intriguing stories. Lying next to me on the sofa was Olimpia, my nine-year-old black Labrador, who was not at all disturbed by the noise and glare of the TV, and much less interested in the plots, enjoyed her semi-sleep reassured by the presence of my hand on her belly. Evening after evening, during these moments of home "abandonment" I began to feel like both actor and audience at the same time. It got to the point that I perceived the distance that had formed between those two worlds, actor and audience, I began to discern the same distance between the audiovisual materials which I was re-adapting for my web-work and the events of my public and private daily life. I began thinking of that distance as a moment in which the spiritual exercise is manifest: the fold in which to hold and preserve the meaning of this work rests and is inadvertently preserved.
I am talking about photos, sounds, videos, drawings, texts, paintings, objects that I have kept with me, in my drawers, in my devices, in my archives as consequences of time; leftovers from life, not with artistic purposes but for fun, for personal, private enjoyment, as when the will seems strangely distracted for a moment. The rule that ordered them was letting them build a hypothetical schedule of "spiritual exercises" on the internet, restoring to these materials of the past their dignity of matrix and their consistency as artworks.
From a technical point of view, I acted like any internet and digital user, using devices and applications within the reach of our on-offline daily activities. But why the internet? Perhaps it is my periodic refuge, my preferred place of wreckage, and an opportunity for freedom. And I believe it is that space-time environment that brings everything together in the present. For over twenty years my research has been going on multidisciplinary paths where it could dialogue, alternate with one another or travel separately, depending on the coordinates that I set out in the project structure.
In this case, the structure looks like a book and runs like a series, never offering a solution but focusing on the practice that I constantly verify in my analytical reflections, like when my field of action is the canvas. I have always found it interesting to work within the wrinkles of art statutes, minimizing tools and technologies, which in the audiovisual field seems almost paradoxical. However, denying what is being done results in discards, in unexpected values.
Spiritual Exercises is an artistic project born and developed online. It is organized into twelve actions, or virtual performances, starting automatically at the beginning of each hour of the day, for the duration of each individual work, on a monthly basis and with scheduled dates. No participation by the user is required to activate or configure the events. This determination only contradicts in appearance the principals referenced online given that they are apparent only after being seen. And that occurs after the field is open to the connection between the traces only hinted at, hard to make out, that lead to the conclusions.
Finally, why spiritual exercises? The treated materials were not failed works, much less sketches to be developed but results of the pauses; symptoms detected by the boundary of the rules that draw up the statute of each single action in relation to the general project, as moments of life awaiting for interpretative models: "But in everything that has been said there is value if it was well ordered, and sin if it was misdirected or uselessly said” . I don't know if I have spent time sinning and it wouldn't really matter. The important thing is that those who have come to read this far can finish by reading the verses closing this short introduction:
The waiting for someone, for something
That I didn't know that I didn't want
Because late is not enough
To Feel. And, here I stop
Introduzione all’ opera
Con “episodio” intendi “luogo sacro”? gli domandai. ”Esatto".
Bruce Chatwin, Le Vie dei Canti
.
Negli ultimi mesi, preso dal progetto che presento qui, ho dedicato molte notti alla visione di serial televisivi, per la maggior parte film d’azione, spionaggio, guerre perciò tanto rumore e storie intriganti. Sdraiata accanto a me sul divano Olimpia, il mio Labrador nero di nove anni che, per niente turbata dal fragore e dai bagliori della tv, e tantomeno interessata alle trame, godeva del suo dormiveglia rassicurata dalla presenza della mia mano sulla sua pancia. Sera dopo sera, di questi momenti di “abbandono” casalingo cominciavo a sentirmi allo stesso tempo attore e pubblico, fino ad avere una percezione attendibile della distanza che si era configurata tra quei due mondi. La stessa distanza iniziavo a intravederla tra i materiali audiovisivi, che stavo riadattando per l’opera web, e le vicende di vita quotidiana pubblica e privata, fino a pensare quella distanza come un attimo in cui l’esercizio spirituale si manifesta: la piega che poteva trattenere e custodire il senso di questo lavoro.
Parliamo di foto, suoni, video, disegni, testi, dipinti, oggetti che stavano con me, nei mei cassetti, nei miei dispositivi, nei miei archivi come conseguenze del tempo; scarti di vita motivati non da scopi artistici ma dal gioco, dal godimento personale, privato, come quando la volontà sembra stranamente distrarsi per un momento. Che fossero loro a costruire un ipotetico palinsesto di “esercizi spirituali” della rete è stata la regola che li ha ordinati, restituendo a questi materiali del passato dignità di matrice e consistenza di opera.
Dal punto di vista tecnico ho lavorato come un qualunque utente della rete e del digitale, utilizzando dispositivi e applicazioni alla portata del nostro agire quotidiano on-off line. Ma perché la rete? Forse è il mio periodico rifugio, il punto preferito di naufragio e un’occasione di libertà. E credo, sia l’ambiente spazio-temporale che riesce a riunire il tutto nel presente. Da oltre venti anni la mia ricerca si inoltra in percorsi multidisciplinari che possono dialogare, alternarsi tra loro o viaggiare separatamente, dipende dalle coordinate che indico nella struttura del progetto.
In questo caso la costruzione si presenta come un libro e si svolge come un serial, non prevede mai una soluzione ma si concentra sulla prassi che verifico costantemente in riflessioni analitiche, come quando il mio campo d’azione è la tela. Ho trovato sempre interessante lavorare dentro le smagliature degli statuti, riducendo al minimo strumenti e tecnologie, che nell’audiovisivo sembrerebbe quasi un paradosso. Ma negare ciò che si sta compiendo procura scarti, valori imprevisti.
Spiritual Exercises è un progetto artistico che nasce e si sviluppa in rete. È ordinato in dodici azioni, o performance del virtuale, che si avviano automaticamente all’inizio di ogni ora della giornata, per la durata di ogni singola opera, a cadenza mensile e con date prestabilite. Non è richiesta nessuna partecipazione da parte del fruitore per attivare o configurare gli eventi. Una determinazione che contraddice solo in apparenza i princìpi di riferimento della rete poiché prevista successivamente alla visione, quando si aprirà il campo alle connessioni delle tracce, solo accennate, dei balbettii, da concludere.
Infine, perché esercizi spirituali? I materiali trattati non erano opere mancate, tantomeno abbozzi da sviluppare ma esiti delle pause; sintomi rilevati dai recinti della regola che stilano lo statuto di ogni singola azione in relazione al progetto generale, come momenti di vita in attesa di modelli di interpretazione: “Ma in tutto quello che è stato detto c’è merito se è bene ordinato, e peccato se è male indirizzato o inutilmente detto”. Non so se ho speso del tempo a peccare e non avrebbe molta importanza. La cosa importante è che chi è arrivato a leggere fin qua possa terminare con i versi che chiudono questa breve introduzione:
L’attesa di qualcuno, di qualcosa
Che non sapevo, che non volevo
Perché tardi non è abbastanza
Sentire. E, qui mi fermo